Vitamina D: a cosa serve? – foodspring

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Man jogging along a sunlit path. ©foodspring

Non per niente si parla sempre molto di vitamine. Oltre alla vitamina C e alla vitamina B12, una cosa è particolarmente importante: la vitamina D. 

La vitamina D rappresenta un gruppo di sostanze, dette secosteroidi liposolubili, che svolgono importanti funzioni biologiche. Le principali riguardano omeostasi, la regolazione dell’assorbimento del calcio e il conseguente corretto sviluppo e mantenimento dello scheletro. La vitamina D, quindi, è fondamentale per prevenire e ridurre la fisiologica degenerazione ossea data dall’avanzamento dell’età. Scopri insieme a noi di foodspring cos’è e a cosa serve la vitamina D.

Se temi che la tua vitamina D sia troppo bassa, non preoccuparti: foodspring ha qualcosa che fa per te! Con le nostre gocce di Vitamina D3-K2 sei ben equipaggiato/a per ogni giorno.

Le vitamine sono già troppo piccole per te? Forse è meglio iniziare con i macronutrienti.

Cos’è la vitamina D?

A voler essere preciso, non si tratta di una vera e propria vitamina. Le vitamine, infatti, sono sostanze che vanno introdotte dall’esterno, con la dieta, perché il corpo umano non è in grado di sintetizzarle. La vitamina D, invece, è una molecola lipidica, un pre-ormone che il nostro organismo può sintetizzare, in particolari condizioni, e solo il 10-15% viene introdotto con l’alimentazione o l’integrazione.

Il resto della vitamina D viene prodotto tramite la sintesi cutanea, attraverso la pelle: è fondamentale l’esposizione ai raggi del sole, che permettono al pre-ormone di attivarsi e svolgere le sue funzioni.

Entrando nel dettaglio, la vitamina D si presenta in due forme:

  • vitamina D2, o ergocalciferolo, dall’origine vegetale
  • e vitamina D3, o colecalciferolo, che invece proviene dal colesterolo e viene sintetizzata direttamente dal nostro corpo

Entrambi questi composti saranno poi trasformati in calcitriolo, cioè la forma ormonale attiva.

I luoghi in cui la vitamina D viene attivata sono il fegato e i reni. In ognuno di questi organi avvengono due reazioni enzimatiche, o idrossilazioni.

La vitamina D viene accumulata nel fegato e resa gradualmente disponibile quando è necessaria: l’organismo, quindi, è in grado di accumularne delle riserve, e non necessita strettamente che ne sia introdotta una certa quantità ogni giorno. I valori medi giornalieri raccomandati, tuttavia, rappresentano un ottimo punto di riferimento per prevenirne carenze o eccessi.

La funzione della vitamina D

Come abbiamo accennato poco sopra, la vitamina D ha un ruolo fondamentale: regola il metabolismo del calcio e del fosforo. Favorisce l’assorbimento di queste due sostanze da parte dell’intestino e ne riduce l’espulsione attraverso le urine.

Entrando nel dettaglio, la forma attiva metabolicamente della vitamina D ha il compito di favorire:

  • l’assorbimento del calcio e del fosforo a livello intestinale
  • la successiva deposizione del calcio nelle ossa
  • il mantenimento del giusto trofismo delle cartilagini
  • il riassorbimento di calcio e fosforo a livello renale

È chiaro quindi che la vitamina D è essenziale per la buona salute dello scheletro, perché da un lato ne favorisce la crescita fisiologica nei bambini, e poi ne regola il fisiologico rimodellamento. In questo modo, le ossa possono mantenere delle corrette proprietà strutturali, dalla forza all’elasticità.

È noto che ci sono altre funzioni della vitamina D che sarebbe importante non solo per la buona conservazione della salute scheletrica. Tra le altre funzioni fisiologiche di questo pre-ormone, infatti, se ne riscontrerebbero anche a livello del sistema nervoso centrale, dell’apparato cardiovascolare, della crescita cellulare in generale.

I legami tra la presenza di vitamina D e la gravità di malattie infettive, disturbi metabolici, tumori, problemi cardiovascolari e immunologici sono altrettanto significativi. Sono inoltre in corso degli studi per capire la correlazione fra i livelli di vitamina D nel sangue e la gravità dell’infezione da COVID-19. Allora è importante che la vitamina D non è bassa!

Della vitamina D, inoltre, è anche nota l’azione antinfiammatoria e sul sistema immunitario, oltre alla capacità ricettiva di tanti organi e tessuti dell’organismo.

Trattandosi di studi ancora in corso, tuttavia, al momento non possiamo trarre delle conclusioni: dobbiamo lasciare che la ricerca faccia il suo lavoro finché tali evidenze non potranno essere dimostrate praticamente.

Fabbisogno e integrazione di vitamina D

In un contesto di normale esposizione alla luce solare, che sarà chiaramente maggiore nelle stagioni più calde e con un’alimentazione varia ed equilibrata, l’organismo è generalmente in grado di sintetizzare tutta la vitamina D di cui ha bisogno.

Fabbisogno di vitamina D, le linee guida italiane

In Italia, questi sono i valori di vitamina D di riferimento quotidiano, raccomandati per fascia d’età:

neonatida 10 a 25 µg
bambini fra 1 e 3 anni10 µg
bambini fra 4 e 10 annifino a 10 µg
ragazzi fra 11 e 17 annifino a 15 µg
adultifino a 10 µg
anziani10 µg
donne in gravidanza10 µg

Come si rilevano i livelli di vitamina D

La presenza di vitamina D nell’organismo si misura attraverso le analisi del sangue, con la misura del livello di 25-OH-D nel plasma. Sono considerati valori adeguati quelli compresi fra 30 e 100 ng/ml; si parla di insufficienza quando tali valori si attestano fra 30 e 20 ng/ml, mentre è considerata carenza una concentrazione al di sotto dei 20 ng/ml. Se i valori di 25-OH-D nel plasma scendono al di sotto di 10 ng/ml, la carenza è grave.

Vitamina D: dove si trova?

Come abbiamo detto, la vitamina D è principalmente sintetizzata dal nostro organismo, cioè è endogena: in questo stato è biologicamente attiva, in grado di svolgere le sue funzioni. Tuttavia, è anche possibile assumerla per via esogena attraverso gli alimenti, ma in questo caso non è attiva: sono necessari i processi di attivazione enzimatica nel fegato e nei reni sopra descritti, innescati e favoriti dall’esposizione al sole. Significa: niente vitamina D senza sole, almeno non da sola!

Alimenti con la vitamina D

Gli alimenti che contengono quantità rilevanti di vitamina D sono quasi esclusivamente di origine animale, ai quali si aggiungono i funghi. I vegetali, invece, non contribuiscono al fabbisogno giornaliero di vitamina D. L’olio di fegato di merluzzo ne è ricco, ma in genere viene assunto non con la comune dieta alimentare ma piuttosto come integratore, come il nostro Vitamina D3+K2. Alimenti con vitamina D spesso non è sufficiente!

Fra gli altri prodotti ittici ricchi di vitamina D figurano il pesce azzurro come sgombro, alici, aringhe, palamita, o pesci grassi come il salmone, il tonno, pesce spada e cernia, che possono contribuire al fabbisogno quotidiano.

Fra le carni, invece, l’alimento più ricco di vitamina D è il fegato, ma la quantità è molto inferiore rispetto a quella che si riscontra nei pesci. Un po’ più ricchi di vitamina D sono i derivati del latte come il burro e i formaggi più grassi, e tuorlo d’uovo. Non c’è frutta von vitamina D.

Supplements lie on a table
©Tanja Ivanova

Mancanza di vitamina D

Vitamina D bassa: sintomi

La carenza di vitamina D non comporta dei veri e propri sintomi manifesti, soprattutto quando le concentrazioni sono inferiori ai valori raccomandati ma la carenza non è grave. La diagnosi, infatti, viene fatta soprattutto con le analisi del sangue. Ecco perché è necessario, soprattutto in gravidanza, effettuare tutti gli esami necessari così da rilevare i valori presenti nell’organismo e intervenire con delle integrazioni, se necessario, sempre in base alle indicazioni del proprio medico.

Carenza di vitamina D nei bambini: il rachitismo

Nei bambini, la carenza di vitamina D si associa al rachitismo. Si tratta di una malattia che comporta una cattiva crescita delle ossa, che si presentano come allungate ma morbide, inclini alle deformazioni, che si piegano sotto il peso del corpo non appena il bambino inizia a camminare.

Il rachitismo inizia a manifestarsi esplicitamente tra i 4 e i 24 mesi di età con delle deformazioni dello scheletro. Nei primissimi mesi i sintomi colpiscono soprattutto il cranio, per poi estendersi al resto dello scheletro:

  • la fontanella anteriore tarda a chiudersi
  • le regioni occipitale, temporale e parietale non sono solide come dovrebbero essere
  • la cassa toracica subisce delle malformazioni, il rosario rachitico e l’ipertrofia delle giunzioni condro-costali
  • i polsi e le caviglie sono nodosi, le ossa delle gambe sono curve e il ginocchio è valgo.

In gravidanza, invece, la carenza di vitamina D può generare problemi allo sviluppo osseo in fase di gestazione e inficiare la qualità dello scheletro dopo la nascita.

Paradossalmente, il rachitismo è più diffuso proprio in quei luoghi dove la luce del sole è più intensa durante tutto l’anno e nei paesi a basso reddito, come i Paesi africani o tropicali, il Medio Oriente e il Sud Est Asiatico. In questo caso, la carenza di vitamina D è imputabile soprattutto alla malnutrizione ma anche al colore della pelle. La minor efficienza nella sintesi cutanea del pre-ormone, infatti, può essere ostacolata dall’alta quantità di melanina.

Nel mondo occidentale, invece, il rachitismo non rappresenta più un problema di salute pubblica. Una dieta onnivora, come anche la maggior diffusione di alimenti fortificati (cioè addizionati di sostanze come vitamine, dal latte fortificato ai cereali o ai succhi di frutta) hanno contribuito lungo tutto il Novecento a ridurre notevolmente l’incidenza del rachitismo sulla salute dei più piccoli.

Mancanza di vitamina D negli adulti e osteomalacia

La carenza di vitamina D negli adulti, che, come abbiamo visto, comporta in primo luogo il malassorbimento del calcio da parte dell’organismo e si traduce nell’osteomalacia, cioè la scarsa mineralizzazione delle ossa che diventano più fragili e più suscettibili a fratture o malformazioni. Affinché si possa parlare di osteomalacia, è necessario che la concentrazione di vitamina D nel sangue sia inferiore a 10 ng/ml.

I segni dell’osteomalacia possono comprendere:

  • fragilità ossea e debolezza muscolare
  • dolori alla spina dorsale a livello dorso-lombare, della cintura pelvica e delle gambe
  • una flessione della stessa colonna vertebrale
  • conseguente andatura claudicante
  • presenza di pseudo-fratture, specialmente alla spina dorsale e a ossa lunghe come il femore e l’omero, che possono essere rilevate solo da una radiografia.

Nei paesi sviluppati questa condizione è piuttosto rara: difficilmente è imputabile a gravi carenze alimentari o a una ridottissima esposizione al sole, e potrebbe dipendere anche da fattori genetici.

Osteopenia e osteoporosi

L’osteopenia indica una densità minerale ossea, o BDM, inferiore alla norma. È una condizione sistemica dello scheletro, al pari dell’osteoporosi, ma meno grave. Il suo trattamento prevede l’eventuale assunzione di integratori come la Vitamina D3+K2, una dieta corretta e la riduzione o l’eliminazione di tutti i fattori che ne aumentano il rischio: fumo, alcol, determinati farmaci.

Fra le misure preventive per contrastare l’insorgere dell’osteopenia c’è il regolare esercizio fisico. Oltre ai benefici per i muscoli, per la circolazione, l’apparato respiratorio e il benessere psicofisico generale, infatti, l’esercizio fisico – in base al proprio livello d’allenamento e alle proprie condizioni di salute – contrasta la fisiologica riduzione della densità minerale ossea.

L’osteoporosi indica un indebolimento dello scheletro più grave dell’osteopenia. In questo caso, la riduzione della massa ossea, che deriva dal deterioramento del tessuto osseo, è importante.

Essendo le loro ossa più fragili del normale, le persone con l’osteoporosi sono più soggette degli altri a fratture, che potrebbero insorgere anche senza che l’osso sia esposto a una sollecitazione più intensa del solito. Può capitare, infatti, che – soprattutto le persone anziane – riportino la frattura del femore non a causa di una caduta: la caduta è la conseguenza, quando l’osso non riesce più a reggere il peso del corpo.

Essendo la vitamina D direttamente coinvolta nello sviluppo e nel mantenimento della salute delle ossa, è chiaro che una carenza rende più probabile che ci si ammali di osteopenia od osteoporosi.

Altre conseguenze della carenza di vitamina D

Vitamina D, a che serve? E cosa succede se ne avete troppo poco? Cosa fare se la vitamina D è bassa? Oltre a influire sul corretto sviluppo dell’apparato scheletrico, la carenza di vitamina D può danneggiare l’organismo anche in altri modi:

  • può infatti facilitare l’insorgenza della periodontite, cioè l’infiammazione dei tessuti ossei che sostengono i denti. Se non trattata, questa malattia può indebolire a tal punto i tessuti da causare la caduta dei denti;
  • è in grado di inficiare il buon funzionamento del sistema immunitario, motivo per il quale le persone con una bassa concentrazione di vitamina D sono più esposte al rischio di infezioni;
  • può determinare una condizione di insulino-resistenza, cioè quello stato per cui le cellule dell’organismo non sono abbastanza sensibili all’insulina;
  • può causare variazioni dell’umore, come stati di nervosismo o di depressione. Si tratta di relazioni ancora in corso di studio.

Quando assumere degli integratori di vitamina D

Dopo tutte le analisi e gli accertamenti necessari, lo specialista saprà decidere quando è il caso di prescrivere degli integratori di vitamina D, magari affiancati a un consumo più frequente e in maggior quantità di alimenti che ne contengono in buona concentrazione.

In alcuni casi, se la carenza di vitamina D dovesse derivare da fattori genetici, sarebbe bene che le persone più a rischio ne controllassero periodicamente i valori, in modo da poter intervenire tempestivamente.

Vitamina D bassa: chi è più a rischio

Esistono delle categorie di persone che rischiano di più una carenza di vitamina D:

  • gli anziani, nei quali è meno efficiente il processo di sintesi cutanea
  • le persone che non si espongono abbastanza al sole, fattore fondamentale per la corretta funzionalità del pre-ormone
  • le persone dalla pelle molto scura, soprattutto se non seguono un regime alimentare onnivoro e non assumono abbastanza fonti esogene di vitamina D
  • le donne incinte e in allattamento
  • le persone che soffrono di obesità
  • chi soffre di malattie cutanee estese come vitiligine, psoriasi, la dermatite o chi ha subito ustioni su gran parte del corpo
  • chi soffre di una malattia granulomatosa come la tubercolosi e i malati di linfoma (una tipologia di tumore del sangue)
  • i pazienti con disturbi o malattie intestinali, epatiche o renali che causano un cattivo assorbimento della vitamina, come il morbo di Crohn o la celiachia, l’intolleranza al glutine
  • chi soffre di pancreatite cronica, fibrosi cistica o cirrosi biliare primitiva
  • la presenza di un bypass gastrico, che influisce in negativo sull’assorbimento della vitamina
  • chi assume medicinali che potrebbero interagire col metabolismo della vitamina D, come i farmaci cortisonici o chi sta seguendo terapie antiepilettiche

Vitamina D in eccesso

Se la vitamina D non è bassa, ma troppo alta, anche questo non va bene. È possibile che, dopo aver assunto in maniera scorretta ed eccessiva integratori di vitamina D o dopo assunzioni prolungate di calciferolo per motivi terapeutici, questa possa diventare tossica per l’organismo. Non è quindi con l’alimentazione e con un’eccessiva esposizione al sole che si rischia un’intossicazione da eccesso di vitamina D, perché l’organismo non sintetizza da sé più vitamina D di quanta ne abbia bisogno.

Non esistono ancora studi scientifici che stabiliscano definitivamente quali concentrazioni di vitamina D siano tossiche. Alcune ricerche suggeriscono che il limite debba essere fissato a 100 μg/giorno. In particolari condizioni cliniche, tuttavia, si è più sensibili alla vitamina D e si potrebbe sviluppare ipercalcemia (eccesso di calcio nel sangue). Nelle donne in gravidanza, l’ipercalcemia potrebbe aumentare la probabilità di ritardi mentali nel nascituro.

È quindi opportuno valutare con attenzione l’opportunità di assumere integratori, in gravidanza, e di non superare i dosaggi raccomandati per i neonati. La vitamina D, infatti, è oggi comunemente somministrata ai bambini nelle prime settimane di vita, e rispettare scrupolosamente i limiti evita il rischio che si sviluppi una tossicità.

Sintomi dell’eccesso di vitamina D

L’eccessiva concentrazione di vitamina D nel sangue, o ipervitaminosi, è causata da un assorbimento intestinale più alto del normale e genera a sua volta un riassorbimento osseo del calcio (ipercalcemia). Fra i sintomi di questa sproporzione ci sono il maggior bisogno di bere e di urinare.

Se non viene individuata e curata, l’ipercalcemia permette al calcio di accumularsi anche negli organi come i reni, il fegato e il cuore (nefrocalcinosi, cardiocalcinosi e calcificazione di altri tessuti molli), causando la formazione di calcoli e provocando degli scompensi (perdita dell’omeostasi calcica) che possono accompagnarsi a:

  • problemi a livello gastroenterico come anoressia, nausea, vomito e diarrea, con conseguente perdita di peso
  • poliuria, polidipsia
  • debolezza generale, difficoltà a dormire
  • stati di nervosismo e irritabilità
  • prurito generalizzato
  • insufficienza renale

Per trattare l’ipervitaminosi bisogna in primo luogo interrompere l’assunzione degli integratori di vitamina D ed eventualmente limitare l’assunzione di calcio. Dobbiamo sottolineare, tuttavia, che in alcuni i casi i danni causati agli organi interni, in particolare ai reni, possono non essere reversibili.

Person walking along a forest path illuminated by the sun.
©Justin Paget

Vitamina D e tumori

Studi di laboratorio su cancro e vitamina D

Dei recenti studi di laboratorio stanno indagando gli effetti potenzialmente anticancro della vitamina D. Il pre-ormone, infatti, ha dimostrato di avere una funzione potenzialmente preventiva, o in grado di rallentare lo sviluppo del tumore:

  • attraverso il contrasto alla crescita delle cellule tumorali;
  • favorendone la differenziazione e l’apoptosi, cioè la “morte programmata” (apoptosi);
  • riducendo la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), che apporterebbero nuovo nutrimento alle cellule.

Tali studi, come sottolinea l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, desumono questo ruolo protettivo della vitamina D da una particolare statistica: un minor rischio nello sviluppo di tumori diversi da quelli cutanei nelle popolazioni più esposte al sole, rispetto alle popolazioni che godono di meno della luce solare. Altri studi successivi, tuttavia, non sono in grado di confermare con certezza queste osservazioni.

Esiste poi un altro studio di laboratorio europeo al quale hanno partecipato alcuni ricercatori sostenuti dall’AIRC, secondo il quale chi presenta una più alta concentrazione di vitamina D nel sangue ha meno probabilità di ammalarsi di cancro al colon: un rischio ridotto del 40% rispetto a chi invece, di chi ha una mancanza della vitamina D. Sebbene altri studi confermino questo legame anche per altri tipi di tumori, le evidenze più convincenti riguardano proprio il tumore del colon retto.

Vitamina D: nozioni di chimica e biologia

Chimica della vitamina D

Con il termine “vitamina D” intendiamo tutti i secosteroidi, cioè quegli steroidi in cui è aperto almeno uno dei legami negli anelli steroidei, che mostrano l’attività biologica del calciferolo e si distinguono in qualità di derivati del ciclopentanoperidrofenantrene.

Esistono diverse forme di vitamina D, due delle quali sono le principali:

  • la vitamina D2 o ergocalciferolo
  • la vitamina D3 o colecalciferolo

Il colecalciferolo è 50-100 volte più attivo dell’ergocalciferolo (D3 è più attivo di D2), che, come il calciferolo, rappresenta una forma inattiva della vitamina. È quindi necessario che, dopo l’assunzione, l’organismo proceda con l’attivazione, attività alla quale sono deputati il fegato e i reni.

L’elemento grazie al quale il corpo umano è in grado di sintetizzare il colecalciferolo a è una provitamina: il deidrocolesterolo, derivato dal colesterolo. Si tratta di una sostanza contenuta nella pelle: ecco perché l’esposizione al sole è fondamentale. Il deidrocolesteloro, infatti, assorbe l’energia del sole determinando la sintesi cutanea della vitamina D.

Nozioni di biologia della vitamina D

Sia la vitamina D2 sia la vitamina D3, la prima introdotta nell’organismo con la dieta e la seconda sintetizzata nella pelle, non sono ancora biologicamente non attive: non possono cioè svolgere le loro funzioni, la prima delle quali è favorire il corretto assorbimento del calcio. È quindi necessario l’intervento di un particolare enzima proteico che deve idrossilarle, cioè convertirle nella forma biologicamente attiva. Questo processo avviene sia nel fegato sia nei reni.

Il calcitriolo

Il calcitriolo, metabolita attivo della vitamina D, agisce legandosi al recettore della vitamina D (VDR), localizzato soprattutto nel nucleo delle cellule deputate all’assorbimento della vitamina. Questo legame gli permette di modulare l’espressione genica delle proteine di trasporto (ad esempio TRPV6 e calbindina), “trascrivendoci su” tutte le “informazioni” necessarie affinché l’assorbimento del calcio nell’intestino avvenga correttamente.

Questo recettore fa parte della famiglia degli ormoni steroidei/tiroidei ed è attivo nella maggior parte dei nostri organi: cervello in primo luogo, cuore, pelle, ovaie e testicoli, prostata e seno.

L’attivazione del VDR

L’attivazione del VDR è essenziale per la regolazione del giusto livello di calcio e fosforo nel sangue, possibile anche grazie all’azione dell’ormone paratiroideo e della calcitonina, e per il mantenimento della corretta densità del tessuto osseo.

Come detto più volte nel corso dell’articolo, il ruolo forse più importante della vitamina D è quello di mantenere entro livelli normali la concentrazione di calcio nello scheletro, promuovendo da un lato l’assorbimento del calcio a livello dell’intestino, dall’altro il riassorbimento a livello osseo. Il pre-ormone aumenta il numero di osteoclasti, favorendo il corretto sviluppo dei tessuti ossei.

Come si evince facilmente, se la concentrazione di vitamina D è bassa, più bassa sarà anche la densità minerale ossea, e più alto sarà il rischio di osteopenia, osteoporosi e fratture, malformazioni.

Il VDR, infine, è fondamentale perché regola anche la formazione e la differenziazione delle cellule.

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Fonti dell’articolo

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